Aspetti psicologici e sociali dell’adolescenza


L’adolescenza è tradizionalmente considerata un periodo critico dello sviluppo. E’ necessario però constatare che essa rappresenta una fase determinata culturalmente, soggetta a dilatazioni nel tempo. L’inizio si fa in genere riferire all’emergenza puberale, ma è difficile definirne la fine. La difficoltà è relativa all’incidenza dei fattori socio-culturali su questa fase: un esempio è la scolarizzazione protratta, ormai a livello di massa, sino ai 18 anni.
In passato l’adolescente veniva immesso precocemente in qualche attività lavorativa, mentre oggi si fa sempre più pesante e difficile, sotto il profilo sociale, la condizione di disoccupazione giovanile in rapporto alle risorse occupazionali della nostra società.
L’adolescenza nella nostra cultura ha la caratteristica di essere una condizione esistenziale di attesa in seno ad una struttura sociale inadeguata a sostenerla, una condizione esistenziale difficile da gestire, da capire, da superare. Possiamo identificare però in questa fase dello sviluppo dell’individuo momenti evolutivi caratteristici: una maturazione sessuale legata ad una emergenza di pulsioni sessuali di notevole intensità, ad una crescita ed ad una modificazione improvvisa del corpo con un conseguente cambiamento dello schema corporeo e del l’immagine che il soggetto ha di sé. Questo cambiamento fisico, vissuto come “estraneazione”, determina nei due sessi una crisi legata allo sviluppo cognitivo: si evidenzia infatti un passaggio qualitativo da un tipo di pensiero operativo concreto ad uno astratto-ipotetico-deduttivo.

Nel mondo il giovane cerca di collocarsi in modo originale rispetto agli adulti e ai bambini. Tale collocazione risponde ad una particolare domanda: “chi sono io?”, alla ricerca di una propria identità, di una differenziazione dagli altri, dai bambini, ma soprattutto dagli adulti in cui non ci si riconosce e che si rifiutano per motivi che vanno dall’esclusione dal mondo del lavoro alla scoperta di un bisogno sessuale che è possibile vivere sul piano fisico, ma che comporta delle inadeguadezze sul piano psicologico.
L’adolescente è in grado di procreare, ma non è in grado di assumere il ruolo di genitore e di educatore perché non possiede quelle qualità affettive, orientative e di sostegno necessarie ad educare un figlio. Il rapporto con i genitori è spesso carico di tensioni: se da un lato nell’adolescente c’è una individuazione, una affermazione di sé come diverso e quindi l’esplicitazione di un bisogno di autonomia dalle figure genitoriali e dal contesto familiare, dall’altro in lui vi è un bisogno di appartenenza ed è nell’ambito di questa ambivalenza che egli continuamente sperimenta se stesso. Spesso se il giovane non trova nella famiglia un rapporto comunicativo di comprensione e sostegno è il gruppo di coetanei che offre uno spazio e soddisfa alcuni suoi bisogni comunicativi e affettivi.
Meltzer, adottando l’ottica psicoanalitica, descrive la posizione dell’adolescente come fluttuante tra tre diverse Comunità: la Comunità del bambino nell’ambito familiare, quella
dell’adulto e quella dell’adolescente che si pone come esterna a queste due. Il mondo adulto, secondo il punto di vista adolescenziale, appare come una struttura politica, come se gli altri fossero i detentori del potere, dell’autorità e del controllo del mondo. L’adolescente, carico di ambivalenza nei confronti dei bambini e degli adulti, si pone in una condizione di rifiuto nei loro confronti e del mondo.
Il problema della sessualità è il nucleo di questa condizione tensiva: la sessualità è pienamente vissuta dagli adulti, appartiene alla condizione adulta. Gli adolescenti iniziano a viverla con una percezione molto confusa, pervasiva non solo nei confronti del proprio corpo, ma anche della dimensione affettivo-emotiva ad essi correlata. La sessualità, come espressione di sé in
relazione all’altro, comporta una maturazione affettiva e una conoscenza delle emozioni legate al vissuto corporeo, che sono ancora sconosciute al vissuto adolescenziale. Questa condizione è anche legata al problema della conoscenza: si è già accennato ad un passaggio qualitativo che si verifica nella fase adolescenziale, sul piano cognitivo.

Contrariamente a quanto accadeva nell’infanzia, quando i genitori venivano considerati i detentori di tutta la conoscenza del mondo e delle cose della vita, l’adolescente deve constatare che gli adulti non solo non hanno queste qualità di potere tutto e di sapere tutto, ma sono anche molto limitati nelle loro possibilità. Il problema è quello di vivere una disillusione molto forte che crea una crisi di identità: non ci si riconosce più nei bambini, ma non ci si riconosce neanche negli adulti, nei modelli e nelle cose che essi offrono. E’ come se tra questi due mondi l’adolescente occupasse una posizione sospensiva carica di ansia. La capacità di essere soli e di tollerare la sofferenza che la separazion e dagli oggetti esterni determina, di accettare la propria impotenza e i propri limiti, di fronteggiare efficacemente le situazioni difficili della vita con autonomia e responsabilità, si pone come la meta ultima del cammino verso la maturazione psicologica.

In questo processo evolutivo il giovane cerca nuove esperienze e nuovi modelli comportamentali fuori dalla famiglia, con i coetanei o con altri adulti che non siano i genitori. Cerca delle nuove identificazioni che possano permettergli di staccarsi da loro.
Le caratteristiche di questa condizione problematica di ricerca sono rappresentate dall’ansia, dall’insicurezza, dalla ricerca di nuove modalità comunicative a livello di relazioniinterpersonali.Per questo il gruppo di pari è fondamentale: il gruppo aiuta l’adolescente a definirsi.
I gruppi di adolescenti hanno spesso dei connotati politici, culturali, sportivi, religiosi attraverso i quali i giovani possono soddisfare i loro bisogni di orientamento, di elaborazione di valori diversi da quelli degli adulti. Nei gruppi i giovani possono sperimentare le loro capacità di stare insieme, di condividere degli obiettivi, di misurare le proprie capacità intellettuali, fisiche e sociali.
Il gruppo adolescenziale è caratterizzato da rigidità e chiusura agli adulti, è un gruppo che scatena all’interno dinamiche molto intense. Al gruppo si appartiene accettando, a volte acriticamente, le regole, le modalità comunicative. Il gruppo soddisfa un bisogno di sicurezza che il giovane vive in relazione alla propria confusione, alla propria insicurezza emotiva.
Spesso il gruppo di pari si contrappone al nucleo familiare, in particolare alle figure genitoriali, le quali tendono a conservare una visione negativa del giovane.
La capacità educativa dei genitori sta nel permettere l’attuazione di questa separazione del figlio dalle proprie figure e insieme nella capacità di offrire sostegno e comprensione, disponibilità comunicativa in questo momento difficile per il giovane.

Il vissuto psicologico di confusione nell’adolescente può esprimersi concretamente in sintomi e comportamenti anche patologici che abbracciano crisi di depersonalizzazione, somatizzazioni,
inibizione, isolamento, rifiuto e ribellione nei confronti dei valori socialmente adottati, dei ruoli definiti culturalmente, aggressività auto ed eterodiretta, abbandono degli studi.
Tale vissuto può comportare per l’adolescente la scelta di una identità negativa che gli permetta in qualunque modo di conquistarsi una qualsiasi identificazione all’interno del sistema sociale, di essere insomma “ qualcuno” per se stesso e per gli altri.

E’ allora estremamente importante che tutte le agenzie sociali, culturali, educative presenti nel tessuto sociale, soprattutto la scuola, offrano al giovane occasioni di incontro e di comunicazione, spazi espressivi di confronto con gli altri, siano essi adulti o coetanei, ma soprattutto di crescita e di maturazione, nel rispetto delle proprie idee e delle idee degli altri, anche nella loro diversità, alla luce della tolleranza e della possibilità di cambiamento.

Dott.ssa Rosa Mininno
Psicologa Psicoterapeuta